Con grande tristezza, CESURA annuncia che oggi, 27/4/2024, alla vigilia del suo compleanno, è venuto a mancare il suo Presidente Onorario, il prof. Francisco Rico.
Guido Cappelli, Vicepresidente di CESURA, ne ha voluto ricordare il prezioso magistero tracciando il seguente profilo.
Il 27 aprile, un giorno prima del suo ottantaduesimo compleanno, è venuto a mancare Francisco Rico (1942-2024), Linceo, Accademico di Spagna e Presidente onorario di CESURA fin dalla fondazione.
Studioso carismatico, personaggio “eccentrico e centrale” al tempo stesso, nella sua lunga e prestigiosa carriera Rico ha coltivato un progetto culturale estremamente ambizioso, in cui la Storia presiede all’analisi letteraria e alla filologia, in un orizzonte mai limitato alle letterature nazionali, ma sempre con la coscienza dell’unità di fondo della cultura europea, e romanza in particolare. Soleva dire, con una punta di paradosso, che le lingue neolatine costituiscono un’unica, articolata “filologia romanza”, ma non ha mai trascurato la letteratura mediolatina, ed è stato tra i primi ad approfondire efficacemente le connessioni tra questa e le culture romanze: avrebbe voluto plasmare tutto ciò in un libro che aveva concepito fin dalla sua giovinezza di enfant prodige coccolato dal fior fiore dell’intellettualità spagnola già dai primi anni Sessanta: La invención del Renacimiento en España, che non vide mia la luce come tale, ma che vive nelle centinaia di interventi nell’arco di più di sessant’anni di attività.
Tra Italia e Spagna, tra Medioevo e Rinascimento, Rico ha lasciato alcuni dei frutti più preziosi della filologia e critica letteraria europea dal dopoguerra in poi. Nel nome della parola e della storicità della lingua sono i suoi contributi sulla letteratura spagnola, sempre rivolti a una dimensione europea e anzi in certo modo universale, come gli studi sul Lazarilo de Tormes, che illuminano la nascita del romanzo europeo, o la monumentale edizione di un capolavoro assoluto come il Don Quijote, cui ha legato il suo nome per sempre. Emblematico di tutta una concezione dell’umanesimo, non solo spagnolo ma europeo, come fenomeno antagonistico, di sfida intellettuale e di conflitto tra culture e Weltanschauungen, è Nebrija frente a los bárbaros (1978), forse il suo “manifesto”, in cui il canone medievale dei “grammatici nefasti” funziona come metonimia della barbarie culturale, che disconosce la Storia e pretende di imporre canoni atemporali e astratti. Egli individuava, in quella sede, una linea sotterranea che univa quel formalismo e quel nominalismo alle correnti più estreme della moderna linguistica teorica anglosassone, avulsa dalla Storia, irrispettosa della lingua, estranea alla tradizione: è questa, forse, la sua lezione di metodo più penetrante e incisiva.
Il suo precocissimo Vida u obra de Petrarca, con la raffinata Lectura del “Secretum” (1974), cambiava definitivamente le carte in tavola nel campo della filologia petrarchesca, reimpostando la cronologia degli scritti del poeta e disvelandone la raffinata strategia di costruzione della propria immagine esemplare, proiettata nel tempo; vent’anni dopo, la potente sintesi de Il sogno dell’umanesimo (1993) offriva un’interpretazione forte e coerente della parabola umanistica in Italia, a contrappeso, in qualche modo, di una “timidezza” tutta italiana di fronte ai grandi quadri d’insieme ‒ in profonda consonanza, peraltro, con le impostazioni storiografiche di CESURA.
Ci piace accennare, in conclusione, alla personalità dell’uomo, l’entusiasmo, l’anticonformismo, la “leggerezza” con cui ha vissuto gli studi e che si concretizzavano nelle intense corrispondenze, nei molteplici fili e connessioni personali, nella imprese culturali come la straordinaria e innovativa collana Biblioteca clásica o la rivista «Ecdotica» da lui co-fondata. Semi fecondi che ha lasciato a schiere di discepoli, vicini e lontani, che oggi lo piangono ma che ne porteranno sempre dentro di sé il magistero.